ROMA – Se il virus respiratorio sinciziale (vrs) fosse il protagonista di una puntata di ‘Siamo fatti così’, il famoso cartone animato sul corpo umano in voga alla fine degli anni ‘80, potremmo immaginarlo pronto sulla linea di partenza, con un ghigno beffardo stampato sul volto, mentre si sfrega le mani preparandosi a infettare la piccola vittima prescelta. Sì, perché quest’autunno il vrs, così come gli altri virus respiratori, avrà probabilmente vita più facile dell’anno scorso. Se, infatti, le misure di contenimento messe in atto per contrastare la diffusione del Sars-CoV-2 avevano fatto sì che virus sinciziale e compagni circolassero molto meno, risparmiando dalle bronchioliti tanti neonati, guardando alla stagione in arrivo gli pneumologi pediatri non sono ottimisti, anzi. “Siamo abbastanza preoccupati perché con l’allentamento del distanziamento sociale, il minor utilizzo dei dispositivi di protezione, come le mascherine, e il fatto che probabilmente i genitori ricominceranno a mandare i bambini a scuola subito dopo che hanno avuto l’episodio influenzale, così come facevano prima della pandemia, i virus respiratori ricominceranno a circolare”, spiega all’agenzia Dire Fabio Midulla, responsabile del pronto soccorso pediatrico del policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri).
“Nella mia professione mi capita di essere chiamato da genitori che mi chiedono se il bambino può tornare in comunità già il giorno dopo aver avuto la febbre- dice Midulla- invece si dovrebbero aspettare almeno 7 giorni, perché anche un bimbo che ha avuto un banale episodio influenzale può contagiare altri bambini, avendo ancora il virus nelle mucose bronchiali e nella mucosa nasale. Poi perché se non è completamente guarito è più predisposto a riammalarsi un’altra volta. La sensazione è che sia già rimasto ben poco di quello che la pandemia ci ha insegnato”.
La preoccupazione dello pneumologo è soprattutto nei confronti dei piccolini. “Il vrs è un virus che colpisce anche i neonati, già nel primo mese di vita, e più il bambino è piccolo più le manifestazioni possono essere gravi. Normalmente, però- spiega Midulla- il bambino nel primo mese di vita non si ammala o si ammala in forma lieve perché ha gli anticorpi che gli sono stati trasmessi della mamma durante la gravidanza. Ma se il virus nell’ultimo anno non ha circolato- aggiunge il medico- significa che anche le mamme non si sono infettate e quindi i bimbi che nasceranno a novembre, dicembre o gennaio, quando il picco epidemico del vrs è più alto, non avranno anticorpi materni per difendersi e c’è il rischio che possano avere delle forme più gravi”.
Come proteggersi? “La particolarità di questo virus è data anche dal fatto che “non esiste una terapia specifica vera e propria- spiega Midulla- dal punto di vista farmacologico c’è la possibilità di utilizzare degli anticorpi monoclonali specifici, che però vengono consigliati dall’Aifa solo a gruppi particolari di bambini, come i prematuri importanti o i bambini che hanno cardiopatie congenite o problemi neurologici importanti. È una terapia preventiva che si fa in questo gruppo di pazienti durante il periodo epidemico. Ora- fa sapere lo pneumologo pediatrico- ha finito la fase 3 di sperimentazione un nuovo monoclonale che si darà solo una volta nel periodo epidemico e probabilmente andrà a sostituire il palivizumab, che è il monoclonale oggi in commercio”.
Novità importanti si prospettano, però, sul fronte dei vaccini. “C’è un vaccino per le donne nell’ultimo trimestre di gravidanza che è entrato nella fase 2 della sperimentazione- anticipa Midulla- sarebbe importante riuscire a farlo proprio perché gli anticorpi possono passare attraverso la placenta e quindi essere trasmessi al bambino che deve nascere. Si tratta di un vaccino sviluppato con la proteina F”. Non solo. “L’Ema ha poi dato l’autorizzazione a iniziare la sperimentazione su un vaccino a mRNA messaggero, la stessa tecnologia che si usa per il vaccino contro il coronavirus”.
Insomma dopo anni di studio la lotta al vrs potrebbe arrivare ad una svolta importante: “È dagli anni ‘60 che non si riesce a produrre un vaccino efficace e non pericoloso contro questo virus- racconta Midulla- Nel 1960, infatti, venne messo in commercio un vaccino fatto con il virus inattivato in formalina che diede risultati disastrosi- ricorda il medico- venne fuori, infatti, che i bambini che erano stati vaccinati si presero l’infezione in forma più grave e addirittura due morirono. Riuscire ad avere oggi, a breve, un vaccino contro il vrs sarebbe quindi un grande successo”, evidenzia lo pneumologo pediatrico.
La Simri ha organizzato tre webinar dedicati al vrs, in programma il 9, il 14 e il 23 settembre. “Tratteremo l’epidemiologia, le caratteristiche cliniche dell’infezione e le novità in tema di prevenzione- speiga in conclusione Midulla- Vorremmo allertare la medicina di base su una sorveglianza stretta nei confronti di questo virus”.
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