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Il direttore Francesconi: “Il FestivalFilosofia non sarà sul green pass, ma sulle domande da porsi”

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ROMA – “Non sarà un festival sul Green pass o su provax o novax, ma un tentativo di ragionare sui principi che possono servire per dare i giusti termini di quel dibattito”. Il direttore del FestivalFilosofia, Daniele Francesconi, risponde così alla Dire sull’edizione di quest’anno che, da venerdi 17 a domenica 19 animerà Modena, Carpi e Sassuolo con lezioni ed eventi artistici dedicati al concetto di ‘libertà’. Mai come quest’anno la kermesse del pensiero è ancorata alla cronaca e a una parola chiave rivendicata un po’ da tutti sulle questioni legate all’emergenza sanitaria.

ph.©NSERENA CAMPANINI 2019

“Il Festival cercherà di aiutare a fare le domande giuste, a rendersi conto di cosa è in gioco. Ce ne accorgemmo già l’anno scorso- spiega il direttore- che era una questione decisiva dopo i mesi di lockdown, che era in corso sulla nostra pelle una ridefinizione della libertà e prevedevamo che rimanesse attuale. È di ora in ora più urgente. Il punto di osservazione della filosofia guarda al contemporaneo, ma sempre in una prospettiva giroscopica: partire da una profondità, capire esattamente la natura delle questioni. Il dibattito pubblico- commenta- va per slogan, in modo partigiano, secondo tifoserie e mescolando i piani”.

Il confronto pubblico sui temi messi in gioco dalla pandemia ha portato i filosofi, forse con maggiore incisività che nel passato, a prendere voce in tv. Alla domanda se le posizioni critiche sul Green pass del noto filosofo Massimo Cacciari, membro del Comitato scientifico del Festival, imbarazzino gli organizzatori, il direttore Francesconi risponde netto: “Per niente. La democrazia prevede differenza; è, come diceva Kant, l’uso pubblico della ragione. La differenza di opinioni è un valore”.

Dunque il Festival quest’anno servirà a impostare i termini di un dibattito spesso mal condotto: “Chiarire e non cercare consenso. Proveremo a dire- spiega Francesconi- che c’è l’esigenza di capire cosa è la libertà comune, quella intersogettiva, nella cornice delle Istituzioni che ha comunque bisogno dell’adesione dei singoli per essere attuata. Dunque libertà individuale e collettiva, il nostro impegno per la libertà, la libertà pubblica come connessione di quella dei singoli, il rapporto tra libertà e responsabilità, la cura verso gli altri, il grande rischio di un mondo di servi”.

La filosofia aiuta, ancora una volta, a togliere illusioni: “È solo una finzione l’idea di essere libero solo per se stesso, nemmeno il free rider lo è. La realtà, prima ancora delle regole istituzionali, è in attrito con questa lettura”.

Francesconi ricorda alcuni punti del programma della tre giorni: gli interventi mirati al rapporto “istituzioni e libertà”, e lo sguardo sui grandi paradigmi “Atene e Sparta nella lezione di Eva Cantarella o Adriano Prosperi sul libero o servo arbitrio”.

Da studioso, Francesconi non ha dubbi: “Per le democrazie affaticate bisogna tornare a un autore pochissimo letto: a Montesquieu, la sua opera è una grande enciclopedia delle dottrine della libertà. Ad esempio l’idea del riconoscimento della differenza nel romanzo filosofico ‘Le lettere persiane’ e poi ‘Lo spirito delle leggi’ dove presenta le libertà cosiddette negative dentro le Istituzioni”: una necessità, secondo il padre storico del liberalismo, vitale per le stesse libertà soggettive. Il direttore del Festival è convinto anche che la lettura di queste opere servirebbe tanto ai sistemi politici attuali.

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