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Ingegneri clinici partner forze armate in situazioni di emergenza e guerra

Dall'Italia e dal MondoIngegneri clinici partner forze armate in situazioni di emergenza e guerra

(Adnkronos) – “Gli ingegneri clinici oggi si occupano anche di sviluppo, di situazioni di crisi, di cooperazione internazionale e di gestione delle emergenze in ambito bellico o causate da catastrofi, proprio perché le tecnologie offrono strumenti essenziali e innovativi per la gestione di situazioni estreme e critiche”. Lo ha detto Umberto Vitale, coordinatore tecnologie sanitarie presso Unops, agenzia dell’Onu per i progetti di sviluppo, questa mattina, in una delle sessioni del 24esimo Convegno dell’ingegneria clinica (Aiic) in corso a Roma fino al 18 maggio. 

Concetti confermati da Carmelo Minniti, componente del direttivo Aiic, tra i promotori delle due sessioni specifiche dedicate questa mattina al tema. “Stiamo entrando in un’epoca in cui la nostra professione entra in rapporto con mondi con cui prima non dialogavamo – ha spiegato – ambiti che necessitano di apparecchiature tecnologiche e professionisti competenti a gestirle. Per questo le due sessioni del Convegno 2024 dedicate allo sviluppo internazionale e alle esperienze di gestione biomedica in ambito militare sono state ritenute dall’associazione particolarmente innovative ed utili. Sono sessioni da cui ci attendiamo, come Aiic, grandi attività anche nel futuro, sia per le relazioni che si stanno creando in questi settori, che anche per l’interesse di molti giovani ingegneri clinici che ne vedono un percorso da sviluppare per il proprio curriculum e le proprie esperienze lavorative”.  

Ai simposi sono intervenuti sia esperti di cooperazione internazionale, tra cui esponenti della Comunità di Sant’Egidio e dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti-Inpm – riporta una nota – sia rappresentanti delle forze armate con diretta responsabilità di gestione dei servizi sanitari e delle tecnologie biomediche. L’ammiraglio ispettore Cesare Fanton della Marina Militare Italiana ha presentato le attività della Nave Vulcano impegnata come ‘ospedale’ sul mare nell’ambito di operazioni umanitarie, in particolare soffermandosi sulle missioni successive allo scatenamento della crisi Israele-Palestina, che hanno portato a una presenza per circa 2 mesi di fronte alla striscia di Gaza, con l’effettuazione di 437 prestazioni. Sempre illustrando esperienze della Nave Vulcano sono poi intervenuti gli ufficiali farmacisti della Marina Militare capitano Alessandro Fontanelli e tenente Marinella Patané, che hanno illustrato la capacità di gestione in autoproduzione di ossigeno 93%, elemento decisivo nella gestione di pazienti, soprattutto in ambito di migrazioni nel Mediterraneo.  

Ancora – prosegue la nota – il colonnello Nicola Ramundo e il capitano Simone Evangelista, del Comando Sanità e Veterinaria, Istituto superiore di Stato Maggiore Interforze, hanno descritto come si stanno strutturando gli assetti sanitari in quelle aree di crisi in cui le forze armate italiane sono presenti (tra cui Bosnia, Kuwait, Iraq, Libano, Libia e Niger), con particolare riferimento alla corretta progettazione e gestione delle tecnologie healthcare e al supporto che esperti delle stesse apparecchiature sono chiamati ad offrire. Il maggiore Daniele Pichelli, dell’Aeronautica Militare ha portato quindi l’esperienza del corpo sanitario dell’Aeronautica in collaborazione con gli ingegneri clinici e biomedici, con esempi specifici riferiti ai trasporti sanitari d’urgenza, sia come supporto della sanità civile – ad esempio in periodo Covid 19 – che nell’ambito dell’assistenza in territori d’operazione. 

Allargando la visuale su un panorama internazionale, Claudio Zanotto ed Elodie Winizuk della Nato-Nspa, hanno condiviso la visione dell’alleanza atlantica nell’ambito dell’acquisizione e del management di device e tecnologie in ambiti critici come Kabul o l’Ucraina, mentre due professionisti francesi – Emmanuel Marry e Sabrina Solinas – hanno portato l’esperienza biomedicale a servizio delle forze armate transalpine, dove è già operativa, strutturata e quotidiana la collaborazione tra ingegneria clinica e servizio sanitario militare. 

L’insieme dei contenuti, presentati per la prima volta ad un pubblico professionale non militare, conferma che la relazione tra ingegneri clinici italiani e forze armate è in una fase di grande sviluppo, visto anche che, come hanno sottolineato Andrea Fisher e Stefano Stupiggia, tra i promotori e coordinatori delle sessioni, “gli stessi professionisti di Aiic sono spesso coinvolti in momenti di progettazione e manutenzione di apparecchiature per strutture sanitarie militari”. Si conferma inoltre che la gestione delle tecnologie biomediche nei contesti militari presenta sfide professionali particolarmente stimolanti, come dichiarato in conclusione da Fisher e Stupiggia, che indicano “la necessità, a partire da subito, di irrobustire una collaborazione sia di tipo progettuale, che di presenza dei professionisti di Aiic nei luoghi operativi. Oggi la grande disponibilità ad una collaborazione tra i vari corpi delle forze armate e l’apertura delle realtà militari alle realtà professionali ‘laiche’ favoriscono la possibilità di pensare in modo nuovo e stimolante al settore degli interventi emergenziali, per contribuire ad un’azione sanitaria efficiente e sicura come quella offerta verso civili che vengono ‘soccorsi’ dalle realtà militari italiane”.  

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