Di Nicolò Rubeis
MILANO – Milano ricorda l’eccidio di piazzale Loreto, 77 anni dopo la tragica vicenda che portò alla morte di 15 partigiani prelevati dal carcere di San Vittore. Una fucilazione, ordinata dal comando nazista, messa in atto dai militari del gruppo Oberdan della Legione autonoma Ettore Muti della Repubblica Sociale. I corpi delle vittime rimasero tristemente esposti al pubblico. In rappresaglia nell’aprile 1945 nella stessa piazza i partigiani mostrarono alla folla il cadavere di Benito Mussolini.
La strage fu additata come conseguenza dell’attentato che due giorni prima, l’8 agosto del 1944, andò in scena in viale Abruzzi, quando degli ordini esplosivi andarono a infrangersi contro un camion tedesco. Quel giorno nessun esponente della Germania nazista perse la vita (l’autista del camion, Heinz Kuhn, dormiente nella cabina di guida, riportò soltanto lievi ferite). A morire furono sei cittadini milanesi, altri undici vennero feriti.
Il comandante dei Gap, Gruppi Azione Patriottica, Giovanni Pesce, negò sempre che la matrice di quell’attentato potesse essere ricondotta in qualche modo alle unità partigiane. Più avanti, il Tribunale Militare di Torino nel processo Saevecke (il capitano delle SS, passato poi alla storia come il ‘boia di Piazzale Loreto’), suppose che la strage di piazzale Loreto fosse stata un atto deliberato di terrorismo che aveva lo scopo strategico di stroncare la simpatia popolare per la Resistenza con l’obiettivo dichiarato di evitare ogni forma di collaborazione e garantire alle truppe naziste piena libertà di movimento verso il Brennero.
Uniti nel ricordo, oggi in piazza c’erano la vicesindaca di Milano Anna Scavuzzo, i sindaci di Pioltello, Ivana Cosciotti, e Rosate, Daniele Del Ben, gli stendardi della Città Metropolitana, della Regione Lombardia, rappresentata dal sottosegretario alla Presidenza Antonio Rossi, dei Comuni di Sesto San Giovanni (medaglia d’oro al valore militare) e Legnano. E poi ancora una delegazione dei vigili del fuoco meneghini, un’altra dei City Angels, forze dell’ordine e parenti delle vittime, tra cui la figlia di Vittorio Gasparini e il figlio di Umberto Fognagnolo. E non poteva mancare anche l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani italiani: “Milano non ha mai dimenticato questa barbarie- dice durante il suo discorso il presidente dell’Anpi di Milano, Roberto Cenati- i 15 martiri sono l’anima di una città che lotta per la libertà fino a perdere la vita”. E soprattutto “non dobbiamo mai dimenticare- prosegue- il ruolo che ebbero i repubblichini di Salò. Senza il loro apporto i nazisti non potevano agire in tranquillità”.
Cenati parla poi di un nemico invisibile da combattere, “l’indifferenza davanti ai mali della nostra società e alla crisi del prossimo”. Fattori a cui la comunità, per Scavuzzo, deve rispondere con impegno: “Nel saluto commosso che abbiamo tributato a Sergio Temolo (figlio del martire Libero)- commenta la vicesindaca- c’è il sentirsi parte di una comunità, aspetti significativi in questi momenti di fatica”.
“I corpi dei martiri- ricorda ancora il sottosegretario lombardo Rossi- vennero gettati in piazza come monito, ma nei giorni successivi le persone seppero reagire”. Una coscienza che si risvegliò, perché, secondo Rossi, “esistono valori per cui si può sacrificare la vita”. E la memoria è l’unico strumento a disposizione per valorizzare quelle vite scomparse: “Per combattere la violenza e l’indifferenza- chiude Rossi- ricordare è importante per capire, per conoscere ed evitare di ripetere gli errori del passato”.
Alla cerimonia, nel complesso, c’erano un centinaio di persone. Tra la folla anche il candidato sindaco di “Milano in Comune”, Gabriele Mariani. Sventolano sotto il sole meneghino le bandiere dei sindacati, della Cgil, Uil e Cisl, della Fiom, e ancora del Partito Comunista, del Pd, di Sinistra Italiana. Milano ha scelto di ricordare.
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