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Omicidio Chiara Ugolini, il vicino non risponde al Gip. Convalidato il fermo

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VERONA – Emanuele Impellizzeri, il 38enne indagato per l’omicidio della vicina di casa Chiara Ugolini, non ha risposto alle domande del Gip del tribunale fiorentino, Angela Fantechi, che ha deciso di convalidare il fermo.

La ventisettenne era stata trovata morta nella sua abitazione nel veronese nel pomeriggio di domenica scorsa, con in bocca uno straccio imbevuto di candeggina. Impellizzeri stava scontando una condanna in messa alla prova per due rapine, che lo obbligava a non allontanarsi dal domicilio nelle ore serali e nei giorni festivi.

Secondo quanto ricostruito fino ad ora, l’uomo sarebbe entrato dalla finestra nella casa di Calmasino in cui Chiara viveva con il fidanzato, e avrebbe tentato di violentarla dopo averle messo in bocca uno straccio imbevuto di candeggina, probabile causa dell’emorragia interna che ha ucciso la ragazza. “L’ho vista sul terrazzo e ho perso la testa. Non ho resistito” sono alcune delle frasi che Impellizzeri avrebbe pronunciato davanti ai carabinieri, che hanno interrotto la sua fuga sull’autostrada del Sole verso Firenze Impruneta.

VALENTE: “NON POSSIAMO ARRENDERCI A QUESTA BARBARIE”

“Il drammatico femminicidio della giovane Chiara Ugolini lascia storditi, come tutte le barbare uccisioni di donne, ma forse ancor di più per la particolare e atroce dinamica. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, un pensiero di profonda vicinanza per questa assurda, drammatica perdita va ai genitori, alla famiglia, al fidanzato, agli amici, alla squadra di volley. Uccidere una donna perché non la si può possedere è inaccettabile, in qualunque luogo, circostanza, paese, civiltà o tempo accada. E non possiamo arrenderci a questa barbarie, anche se sembra inarrestabile”. Lo scrive su Fb la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidio.

“Emanuele Impellizzeri, il vicino di casa che è stato fermato e che ha già in parte confessato- prosegue Valente- oggi si è avvalso della facoltà di non rispondere di fronte al pm. Di certo si è introdotto in casa della ragazza e altro sulla causa del decesso dirà l’autopsia, ma potrebbe essere stata una sostanza corrosiva, e questo rende il dramma ancora più agghiacciante. L’uomo accusato era a casa perché ‘in prova’ rispetto ad un altro reato commesso in precedenza, sfoggiava sui suoi profili social posizioni politiche non proprio amiche delle donne. Si poteva dunque evitare quanto è avvenuto? La pericolosità e il profilo di quell’uomo andava valutata diversamente, indipendentemente da una denuncia o da un allarme lanciato dalla donna oggetto della sua aggressione? Questa domanda, ricorrente per ogni femminicidio, deve essere la nostra ossessione. In questa storia è purtroppo evidente fino all’estremo la cultura patriarcale, predatoria, in cui siamo immersi. Non è stato un raptus: lui l’ha vista, la voleva per sé, lei si è ribellata e allora la ha uccisa. È questa cultura che va cancellata, bisogna lavorare a un cambio di prospettiva: va chiesto agli uomini, a tutti gli uomini, un’assunzione di responsabilità e bisogna lavorare su nuovi paradigmi culturali. Solo così sarà sconfitta una cultura tribale che fa dei corpi delle donne uno dei principali strumenti per affermare e conservare il potere e la supremazia maschili”.

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