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Ortopedia e stampante 3D, quando la tecnologia aiuta la chirurgia

Primo PianoOrtopedia e stampante 3D, quando la tecnologia aiuta la chirurgia

ROMA – Dal 30 settembre al 1 ottobre si terrà a Napoli il Congresso nazionale della Società Italiana di Traumatologia e Ortopedia Pediatrica (Sitop), momento in cui gli studiosi della specialità trasmettono al mondo scientifico lo stato delle conoscenze. Tra gli argomenti più suggestivi le possibilità applicative in Ortopedia pediatrica della tecnologia della stampa in 3D con la costruzione di modelli anatomici perfettamente identici alla realtà. Questa metodica entra in sala operatoria e fornisce un supporto fondamentale al chirurgo ortopedico.

“Grazie alla scansione Tac con le acquisizioni tridimensionali e attraverso la collaborazione bio ingegneristica della stampante tridimensionale, il chirurgo arriva al tavolo operatorio con un programma operatorio correttivo già delineato nei minimi dettagli e sicuramente rispondente alle necessità del caso. Infatti, nel recente passato la ricognizione preoperatoria era affidate unicamente alle radiografie, che in buona sostanza sono come delle fotografie e, dunque, rappresentano l’osso unicamente in due delle dimensioni dello spazio”. Entra subito nel vivo della questione Pasquale Guida, direttore del reparto di Ortopedia dell’Ospedale Santobono di Napoli, Hub campano di traumatologia pediatrica e presidente del prossimo Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica (Sitop) che si svolger contemporaneamente a Napoli e in diretta streaming.

“Il primo problema- puntualizza Guida- è che manca la profondità di campo, perché viene rappresentato su di un piano quello che è in realtà un solido. In secondo luogo, la visione della patologia con le sole radiografie fornisce una rappresentazione morfologica non sempre precisa. Non sempre è possibile ottenere una perfetta visione frontale e laterale e sono possibili falsi positivi e falsi negativi. Pertanto- prosegue l’esperto- accade che con le sole radiografie il chirurgo trovi poi al campo una situazione diversa da quella programmata con dilatazione dei tempi chirurgici e quindi con la necessità di raggiungere l’obiettivo finale con percorsi operativi diversi da quelli previsti’.L’uso della tecnologia tridimensionale consente ‘oggi una ricostruzione dell’aspetto reale dell’osso in altezza, larghezza e profondità. Il chirurgo potrà effettuare una pianificazione sia dei tagli chirurgici che degli strumenti di sintesi- sottolinea Guida- che utilizzerà sul piccolo paziente, scegliendo grazie al modellino quelli più appropriati ed effettivamente rispondenti alle misure del piccolo paziente nei tre piani dello spazio. Sarà un intervento chirurgico più rapido e soprattutto più preciso”.

L’ospedale Pediatrico Santobono è stato il primo Centro a pubblicare un lavoro scientifico sul Journal Pediatric Orthopedic inglese sull’utilizzo di questa tecnologia nei bambini. “Dopo avere ottenuto l’autorizzazione dal Comitato etico, grazie alla collaborazione con il CNR, siamo partiti con l’allestimento all’interno del nostro Ospedale di un laboratorio con stampanti tridimensionali, scanner e con un’attiva collaborazione con ingegneri biomedici. La prima esperienza ha visto la realizzazione di un tutore in materiale plastico bivalva in alternativa all’apparecchio gessato per fratture di radio su di una popolazione di circa 40 bambini”.

I risultati sono stati incoraggianti: “Il ricorso alla stampante 3D per creare ortesi e modellini delle ossa da trattare risulta utile nella vasta gamma delle patologie congenite e acquisite- fa sapere Guida- come in quelle tumorali, anche questo sarà un tema del congresso, per le quali, fino a qualche tempo fa, era previsto il sacrificio dell’arto (con l’amputazione o la disarticolazione), mentre oggi si tende a salvare l’arto pur rimanendo ampia la resezione della massa tumorale maligna. Al proposito si ricorda che i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) sottolineano che gli osteosarcomi sono il 2% di tutti i tumori osservati tra 0 e 19 anni. In età pediatrica (0-14 anni) la malattia ha un’incidenza simile tra maschi e femmine- ricorda l’esperto- mentre nell’adolescenza, ovvero tra i 15 e i 19 anni, è più frequente nei maschi (10,4 casi per milione ogni anno) che nelle femmine (1,7 casi per milione ogni anno)’.

Questi modellini permettono di stabilire ‘il taglio delle protesi, utilizzate soprattutto nel caso dell’osteosarcoma, che è il tumore osseo maligno più diffuso e che prevede la chemioterapia in fase pre-operatoria. Anche per questa patologia specifica- tiene a ricordare il presidente incoming Sitop- il Santobono, in collaborazione con il professore Flavio Fazioli dell’IRCCS del Istituto Oncologico del Pascale e con il polo oncoematologico del Pausilipon, è riuscito a creare un centro nel quale vengono trattati con la tecnica del salvataggio dell’arto osteosarcomi e sarcomi di Ewing. Grazie alla stampa 3D, possiamo stabilire con precisione la quantità di osso da resecare e la tipologia di tagli, per poi impiantare l’osso proveniente da banca con trapianto biologico oppure, dopo esserci confrontati con il laboratorio di biomeccanica, una protesi totalmente artificiale che, oltre a tutto il resto, ha un enorme beneficio economico’.

Un altro focus della due giorni sarà dedicato al piede torto congenito. ‘Si tratta di una delle deformità congenite più frequenti, che ha un’incidenza di uno ogni mille nuovi nati e un rapporto maschi-femmine di 4 a 1- illustra l’ortopedico- Il piede torto raggiunge ormai la guarigione in una altissima percentuale di casi, perché il metodo Ponseti ha avuto uno sviluppo planetario. Resta però un 20/25% di casi che arriva tardivamente alla diagnosi o tende a recidivare. E anche lì, per stabilire il tipo di trattamento da fare, la stampante 3D è di grandissimo aiuto’.

Il tema principale del convegno sarà, inoltre, la comunicazione da parte degli esperti dei principali Centri ortopedici italiani delle novità in tema di epifisiolisi. Si tratta di una patologia dell’anca, che colpisce la zona di crescita alla base della testa del femore e finisce col determinare una progressiva perdita dei rapporti. “Un adolescente obeso con dolore all’anca e zoppia ha un’epifisiolisi fino a che non viene dimostrato il contrario (Herring J.A.), se ciò avviene in maniera cronica. L’interesse per la patologia nasce dal fatto che è necessaria una diagnosi precoce’.

Per questo motivo, ‘i colleghi pediatri, i radiologi e gli ortopedici che curano gli adulti devono tenere in conto nel processo diagnostico questa patologia- ricorda Guida- che peraltro spesso si manifesta con dolore lontano dall’anca e che, secondo lavori scientifici anche statunitensi, può venire scoperta addirittura 6 mesi dopo l’esordio”. Nelle continua a leggere sul sito di riferimento

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